A Torino, la mia seconda città


 — Foto: Torino, i portici di Piazza san Carlo.

 

Rubrica “Incontri” a cura di Salvino Cavallaro.

 

Mi hai accettato con un po’ di diffidenza, quasi freddezza, ma ti capisco perché quelli erano gli anni difficili in cui facevi esaltare il tuo essere sempre distaccata con chi non conoscevi bene.

Panorama di Torino

E’ la tua caratteristica di città nobile, raffinata, signora d’altri tempi ed ex Capitale d’Italia che racchiude pagine di storia importante come le tue residenze sabaude, i portici e i mille musei che raccontano l’alto grado della tua cultura. Ma oggi ti vedo cambiata nell’anima, forse anche grazie al covid che ti ha turbata e privata del calore della tua gente. E chissà, forse tutto il male non viene per nuocere, perché in tutto questo tempo hai capito quanto è importante quel calore umano che spesso tu, per caratteristiche forse storiche, non ne hai valutato l’importanza chiudendoti nel tuo essere distaccata, discreta fino all’eccesso. Sì, oggi ti trovo cambiata mia bella Torino, non perché dopo tanti anni hai imparato a conoscermi come altrettanto ho fatto io con te, ma perché ti vedo e ti sento più vicina, pronta a sostenere la tua gente che come te ha sofferto e che oggi sta lentamente tornando alla vita senza fare voli pindarici, ma con tutta la ponderatezza che la situazione impone. Proprio come te Torino, che non sei mai stata avvezza alla baldoria, ai frastuoni, agli istintivi scavezzacollo che agiscono solo di pancia e mai di cervello, ma ti sei sempre espressa con quella riservatezza che è l’impronta indelebile della tua signorilità. Non ti ricordo mai città dalla facile caciara, ma soltanto luogo di eleganza con fattezze cortesi. Ma oggi che sei leggermente cambiata nel festeggiare insieme alla tua gente il ritrovato spirito armonioso del ritorno alla vita, forse ti stai avvicinando caratterialmente più a me. Quasi ti vedo più umana, più empatica ed emotiva, capace di manifestare emozioni che prima non esternavi e che ti facevano apparire ermeticamente chiusa. Ma io lo sapevo già allora che tu non eri così, non potevi essere altezzosa con la tua gente perché hai un’anima discreta ma pronta a dare ospitalità. Certo, lo fai a tuo modo, ma lentamente sai uscire fuori dal tuo guscio, meravigliando chi di te si è sempre fatto un’idea diversa. E oggi che ritornano le lunghe passeggiate in Via Roma attraversando piazza Castello, Piazza San Carlo, Via Po, Piazza Vittorio, i lunghi viali alberati che portano all’immenso verde della tua collina e dei tuoi numerosi parchi, invogli ancor di più a ritornare a gustare quei tuoi angoli che trasudano di storia antica come i Giardini Reali, Palazzo Reale, Palazzo Madama, la Mole Antonelliana, il Museo Egizio e tanto altro che sono il vanto del tuo cuore. E’ vero, per lungo tempo ti sei sentita dimenticata, sola, accompagnata soltanto dallo stridio delle sirene incessanti delle ambulanze che si ripetevano ininterrottamente giorno e notte. C’era altro da pensare, non si potevano materialmente curare i rapporti interpersonali con la propria città tanto amata, quanto allontanata per troppo amore. Ma tu questo sottile pensiero altruistico non l’hai capito, l’hai preso a male e adesso la tua gente ti ritrova, ti tende la mano senza rancore per ciò che è stato, nonostante certe ferite tardino a rimarginare. Sì, perché in tutto questo rapporto reciproco di ipotetico tradimento con te, c’è la malinconia di una ripresa difficile dal punto di vista del lavoro e della salute. La cassa integrazione per tanta gente che ha perso il lavoro e non sa come andare avanti, si riflette in un disagio sociale che rattrista e ti fa rivivere ricordi ingialliti dal tempo, in cui te, nobile città Sabauda, ti fregiavi di benessere economico e di un settore automobilistico che era il tuo fiore all’occhiello. Un decadimento che il virus maledetto ha accentuato nel tuo progressivo peggiorare della crisi dei vari ceti sociali torinesi che si sono impoveriti e di giovani che perdono progressivamente la speranza di trovare sbocchi lavorativi per il loro futuro. E così, mia “Bela Turin”, oggi rincontri la tua gente che ti vuole bene come te ne voglio io, come te ne ho sempre voluto fin da quel primo giorno in cui mi hai accettato con riserva, quasi a dovermi meritare la tua ospitalità che Dio ha voluto durasse poi per tutta la mia vita. Grazie Torino. Oggi ti voglio bene più di prima.

Salvino Cavallaro

 

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